Ricky Whittle: il ritorno a Monte Carlo tra sogni europei, cinema e famiglia

Ricky Whittle arriva al 64° Festival de la Télévision di Monte Carlo con l’entusiasmo di chi considera questo evento una vera famiglia. Sorride, scherza sul suo ruolo da “party guy”, ma poi subito precisa che in realtà non lo è, anche se la sera precedente lo avevamo visto animare la serata chiacchierando persino con Superman, alias Tyler Hoechlin. Con lui aveva condiviso un Comic Con in Germania e fu proprio lì che gli parlò del festival monegasco, consigliandogli di venire a scoprire quell’atmosfera di calore e accoglienza. Tyler, racconta Ricky, ha amato l’esperienza e sicuramente tornerà.

Per Whittle non si tratta di un appuntamento qualunque. Essere stato invitato la prima volta era già stato un onore, ma l’essere richiamato di anno in anno, coinvolto nella giuria, come presentatore e ora nuovamente come host, lo riempie di gratitudine. Al punto che, dice ridendo, farebbe persino il lavoro di spazzare il palco pur di restituire qualcosa al festival e alle persone che lo hanno accolto con tanto affetto.

La conversazione si sposta sui suoi sogni personali. Due anni fa parlava di comprare casa in Italia, oggi confessa di aver guardato addirittura terreni in Costa Rica, anche se l’obiettivo resta tornare in Europa. Non sopporta più l’idea di tornare a casa, in Inghilterra, a causa del clima e dell’umidità; ma l’Italia, la Sardegna, la Costa Azzurra restano tra le mete del cuore. In America non si sente più a casa: racconta di un Paese dove l’aria di speranza respirata durante gli anni di Obama è stata soffocata dalla politica divisiva e violenta di Trump e di parte del Partito Repubblicano. Parla di un’America che definisce “terzo mondo” per assenza di sanità pubblica e di un modello capitalistico che si arricchisce sulla malattia dei cittadini, a partire dall’industria alimentare che riempie i prodotti di ingredienti vietati altrove.

Mangiare in Europa, spiega, significa sentirsi meglio, persino perdere peso anche concedendosi pizza e gelato. In America, invece, il fast food è più economico di una sana insalata e una Coca-Cola costa meno dell’acqua, con ricariche illimitate che spingono a consumarne litri. Non è un caso se sempre più artisti e professionisti scelgono di andarsene, compresi amici nel mondo di Broadway. Il clima politico e sociale è diventato, per usare le sue parole, da Germania anni Quaranta, con diritti che vengono erosi a donne, comunità LGBTQ+ e persone di colore.

Da qui il sogno di tornare in Europa, dove i problemi sono “normali”: tasse alte, strade poco curate, carburante costoso. Questioni che Whittle preferirebbe affrontare al posto della paura delle armi o dell’erosione delle libertà civili.

Si parla anche di Ventimiglia. Ricky si illumina raccontando la coincidenza con il cognome del suo amico Milo Ventimiglia e confessa di aver persino guardato una casa lì. Ma resta sorpreso quando scopre le difficoltà legate al confine con la Francia e la presenza di migranti bloccati senza assistenza, con problemi di sicurezza che condizionano la vita quotidiana.

Il discorso si sposta poi sul festival stesso, che Whittle descrive come perfettamente organizzato ma mai rigido, con un’atmosfera rilassata e familiare che rende tutto più semplice e piacevole. E tra una battuta e l’altra, inevitabilmente si arriva al calcio, la sua grande passione. Da tifoso del Manchester United soffre per il momento difficile del club, ma ricorda come, nonostante tutto, siano arrivati trofei e finali. Critica il calcio moderno, dominato dal denaro e distante dalla passione genuina del passato, evocando nomi leggendari come Zidane, Buffon o Inzaghi e lamentando la decadenza delle attuali liste del Pallone d’Oro.

Quando si parla di giocare a partite di beneficenza, Whittle ammette che ormai non può più permetterselo: troppi infortuni e muscoli fragili. Lavorando come attore non può rischiare un infortunio da campo che lo terrebbe fermo mesi.

Capitolo progetti: l’attore non può svelare troppo, ma rivela di essere coinvolto in un grande videogioco in uscita il prossimo anno, legato a un franchise famoso. Parla poi con passione del suo impegno per riportare American Gods sullo schermo: a fine mese lo attende un incontro cruciale che potrebbe trasformare il sogno in realtà. Tra i progetti in ballo c’è anche un film d’azione dallo stile “John Wick” e soprattutto una commedia romantica ambientata nella Francia del 1600, scritta da un autore di blockbuster e potenzialmente destinata a diventare una saga. È un progetto a cui tiene molto, perché finalmente sarebbe un film che i suoi nipoti potrebbero guardare senza problemi di scene troppo adulte.

La famiglia è un tema ricorrente. Racconta dei quattro nipoti, delle loro passioni sportive, delle estati a Los Angeles con lui. Si diverte a portarli in palestra, a farli allenare, persino a prepararli con frullati proteici. La più sorprendente è la nipote di otto anni, ginnasta capace di battere i fratelli maggiori a flessioni e trazioni. Ma ammette che dopo tre settimane la sua casa bianca diventa un campo di battaglia di impronte e Cheetos.

Nonostante la fatica, Ricky sa quanto sia importante trascorrere tempo con i propri cari. Alcuni amici hanno perso i genitori e lui non vuole sprecare occasioni: preferisce volare in Inghilterra piuttosto che restare da solo a Los Angeles quando non lavora. Ricorda che la vita è imprevedibile e che bisogna dire “ti voglio bene” finché si può.

Tra un impegno e l’altro – Londra, Parigi, la Scozia – Whittle continua a viaggiare senza sosta, ma sempre con la promessa di tornare a Monte Carlo, dove sa di trovare un’atmosfera unica. Perché, come dice, qui non si tratta solo di un festival, ma di una famiglia.

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