Portare Peppino di Capri a Monte-Carlo, in occasione del 64° Festival de la Télévision, è sembrato a molti più che un evento: un ritorno naturale, un ponte invisibile che unisce l’isola azzurra al Principato, due sponde dello stesso mare, due specchi di un medesimo glamour mediterraneo che dagli anni Sessanta non ha mai smesso di brillare. A fare da filo conduttore, Champagne, la nuova serie che ripercorre la vita e la carriera del cantante, un progetto atteso e coltivato a lungo. Dopo il biopic su Gianna Nannini, la regista Cinzia TH Torrini è stata chiamata da Rai e produttori con la certezza che fosse la voce giusta per raccontare l’essenza di un “monumento” della musica italiana: Peppino, l’artista che seppe portare il rock and roll e il twist nel cuore del nostro Paese, trasformando Capri in un faro di modernità musicale.
La serie nasce dalla scrittura di Michele Pellegrini e della giovane Maria Sole Limodio, cresciuta dentro il team creativo, e ha preso forma in due anni di lavoro intenso, sostenuto anche dall’abbraccio affettuoso della famiglia Faiella. Un dettaglio non da poco: la presenza dei figli è stata decisiva per aiutare Francesco Del Gaudio, straordinario interprete protagonista, a non scivolare nell’imitazione, ma a restituire piuttosto l’anima, l’evocazione di un artista. Peppino, ormai anziano e provato dalla salute, è passato raramente sul set, ma la sua presenza aleggiava comunque tra fotografie, memorie e voci familiari. Del Gaudio racconta di aver cominciato a farsi personaggio già durante i provini, quando la regista lo riportava sempre in cima alla lista. Non avendo a disposizione molte interviste d’epoca, ha osservato concerti, studiato dettagli minimi, persino curiosità intime come il profumo che Peppino sceglieva: “il primo che trovava”; piccoli indizi di una personalità spontanea, libera da rituali. Fondamentale anche la preparazione vocale, seguita da due coach e sotto l’occhio vigile del figlio Edo, che ha curato colonna sonora e registrazioni.
Accanto a lui, brilla la figura di Roberta (una intensa Arianna Di Claudio), moglie complessa e fragile, segnata dalla ludopatia. L’attrice ha voluto indagare da vicino il mondo della dipendenza per entrare davvero nell’ombra del personaggio. “Non la vedo come antagonista – racconta – ma come una donna noir, sopra le righe, eppure attraversata da dolcezze nascoste”. Il loro amore, tempestoso e tossico, è raccontato come intreccio di scontri sociali e intime tenerezze, specchio di un’Italia sospesa tra tradizione e modernità, tra famiglie ancora piegate dai ricordi della guerra e una nuova società che inseguiva il benessere. La regia di Cinzia TH Torrini ha scelto di giocare con i contrasti, trasformandoli in immagini e simboli: la spiaggia come scena iconica, le molliche di pane lanciate come un gesto ludico eppure carico di significati, segni di mondi che si sfiorano e si scontrano.
Francesco e Arianna ricordano con emozione il brivido di certe riprese, in particolare l’ultimo ciak di una scena musicale, quando sul set si respirava la sensazione di aver toccato un frammento di verità. È questa la forza che ha guidato il progetto: non una cronaca piatta, non il rischio di un documentario, ma il desiderio di raccontare la vocazione e il talento come fili invisibili che tengono insieme una vita. La regista lo ha spiegato con chiarezza: “bisogna far vivere le emozioni dall’interno, perché lo spettatore possa riconoscersi e pensare: potrebbe accadere anche a me”. I due giovani attori hanno sorpreso tutti, persino i dirigenti Rai, confessando che la scena che hanno sentito più loro, più intima, è stata quella alle terme.
Così, a Monte-Carlo, la serie ha assunto il sapore di un ritorno a casa. Lì, tra i palazzi che si affacciano sul mare, sembrava di ritrovare lo stesso scintillio che un tempo illuminava Capri negli anni d’oro del cantante, un legame quasi naturale, suggellato dalla memoria e dalla luce. Per la Rai, che da tempo percorre la strada dei biopic musicali – dall’omaggio a Franco Califano a quello futuro dedicato a Battiato – questo lavoro rappresenta un tassello prezioso nel raccontare la musica come parte viva della nostra memoria collettiva.
E le reazioni internazionali hanno confermato la scommessa: durante i pranzi al Festival, colleghi inglesi e canadesi, ignari di cosa fosse Champagne, incuriositi dal titolo hanno voluto scoprire la storia dietro quelle note. È lì che la leggenda di Peppino di Capri ha rivelato la sua forza: monumento in Italia, ponte culturale oltre i confini.
Champagne non è soltanto un omaggio. È il tentativo di restituire l’eco di un’epoca, di dipingere un talento universale con le sue luci e le sue ombre, e di ricordarci che certe melodie non appartengono soltanto al passato, ma continuano a scorrere come colonna sonora della vita italiana.
📷: Francesco Del Gaudio su Instagram














