CAVALIER SENZA PAURA DI UNA SOLITARIA GUERRA: Alessio Boni è Don Chisciotte

Siamo abituati a vederlo sfidare personaggi dai tratti difficili; che siano essi storici come Ulisse o Caravaggio; oppure moderni come il maestro Marioni, il “bastardo” de La Compagnia del Cigno; ma il BoniDon Chisciotte è molto più che l’ennesima prova di bravura, è una sfida coraggiosa: quella di portare in scena un uomo “idealista, innamorato e rabbioso” in tutta la sua sana follia.

L’adattamento dei romanzi di Cervantes di Francesco Niccolini per la regia a sei mani dello stesso Boni coadiuvato da Roberto Aldorasi e Marcello Prayer porta sul palco un uomo innamorato, intransigente nei confronti delle ingiustizie e, soprattutto, arrabbiato. Un omaggio ai Don Chisciotte moderni che, per Boni, sono persone come Ilaria Cucchi e Peppino Impastato.

Sette gli attori in scena: Alessio Boni, Serra Yilmaz (uno/a straordinario/a Sancho Panza), Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico; più uno straordinario “ippoattore“, Nicolò Diana nel ruolo (per le movenze) di Ronzinante. Serra Yilmaz, l’attrice turca icona di Ozpeteck è il Sancho Panza perfetto; armonico contrappunto di Don Chisciotte. Mai eccessiva, sempre spontanea e naturale così come la sua comicità. Per l’intera durata dello spettacolo è semplicemente Sancho, mai una sua caricatura…anche se sarebbe così semplice cadere in tentazione e precipitare nell’eccesso. Boni è straordinario e, al Teatro Toselli di Cuneo, è degno erede del diavolo di Riondino de Il Maestro e Margherita. Fiero e con lo sguardo determinato, cavalca senza paura e senza macchia su quella straordinaria macchina da scena, guidata da Nicolò Diana, che è Ronzinante.

La scenografia di Massimo Troncanetti è essenziale, scarna, ridotta all’osso. Una serie di sipari per creare diversi stati; ma incredibile, nella sua nudità, di trasmettere allo spettatore l’idea di vastità dello spazio attraverso cui si muovono i due avventurieri donando un senso costante di meraviglia.

L’incipit è un quadro vivente in cui Alonso Quijano, giovane e morente, incontra il suo alter ego Don Chisciotte. Quest’ultimo chiederà alla Morte (nella classica rappresentazione con tonaca nera e falce) di concedergli 12 lune per morire per una causa degna di un cavaliere errante.

L’adattamento è un cerchio temporale che si chiude al cui interno sono racchiuse le principali avventure del cavaliere e del suo fido scudiero; accompagnate da una terza protagonista discreta quanto a tratti prepotente: si tratta delle straordinarie musiche di Francesco Forni.

Il Don Chisciotte di Boni, come fu quello di Cervantes, è un inno all’amore; non solo quello verso un’altra persona (Dulcinea) ma, soprattutto, quello nei confronti di se stessi e dei propri ideali da inseguire con perseveranza; anche a rischio di sconfinare nel surreale e di sembrare pazzi agli occhi degli altri. Bisogna essere coraggiosi e, come insegna proprio Don Chisciotte a Sancho, il coraggio è soprattutto la capacità di essere fedeli, sempre, ai propri sogni, soprattutto a quelli di giovinezza.

E con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante colpirò con la mia lancia l’ingiustizia giorno e notte com’è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte.” (Francesco Guccini)

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