Qualunque siano i vostri desideri, qualunque siano i vostri peccati, siete i benvenuti al Al Hirschfeld Theatre di New York per un’esperienza che non può lasciarvi indifferenti.
Passate le porte d’ingresso ed entrati in platea (o in galleria) vi chiederete subito se, vi trovate in un teatro o se in realtà avete varcato una soglia spazio-temporale che vi ha trasportati all’interno del Moulin Rouge, nella Parigi del 1899, grazie allo straordinario lavoro di Derek McLane. Angeli dorati e lampadari di cristallo fanno da cornice, sulla sinistra, a un mulino le cui pale ruotano lentamente come una ninna nanna e, sulla destra, a un elefante gigante. In gabbie dorate si muovono sinuosi ballerini in calze a rete e intimo in pelle, accompagnati da ballerine in bustino. Uomini in smoking si aggirano per il palco, fumando sigari e strusciandosi sui corpi delle “cagne di diamante”, un pagliaccio si aggira tra loro scrutando la prima fila della platea e due cortigiane ingoiano spade per intrattenere i clienti ancora privi di compagnia. Alla destra della platea, Christian (Aaron Tveit) entra in scena. Indossa un lungo cappotto blu; si sofferma davanti alla prima “cagna” per poi proseguire in direzione delle due cortigiane fino all’estremità opposta del palco e, come un direttore d’orchestra, con un sinuoso ma deciso movimento delle mani, dà il La allo spettacolo.
Il pubblico viene reso parte dello spettacolo dal proprietario del Moulin Rouge, uno strabiliante Danny Burstein nei panni di Harold Zidler (e quando ci addita come “schifosi aristocratici” un po’ ci sentiamo in colpa per quel privilegiato posto in seconda fila).
Correva l’anno 2001 quando nelle sale usciva uno dei primi tentativi di film-musical-jukebox, il rivoluzionario Moulin Rouge di Baz Luhrmann con Ewan McGregor, nei panni dello squattrinato bohemien e Nicole Kidman (estasiata accanto al marito in platea il 9 agosto), in quelli della cortigiana Satine. Per chi, come me, appartiene alla generazione che ha tra i ricordi da adolescente, una serata al cinema incollata allo schermo, le aspettative nei confronti di questo musical sono altissime. Se Christian ringrazia Satine per averlo guarito dalla sua stupida ossessione per l’amore, beh, non ci resta che ringraziare Alex Timbers per aver trasformato la nostra ossessione nei confronti della pellicola di Baz Luhrmann in quella per l’adattamento musicale per Broadway (che vanta comunque il magico tocco del regista visionario).
Sono passati 18 anni, il mondo è cambiato così come il panorama musicale. La scelta di eliminare alcuni passaggi del film che sarebbero apparsi fuori luogo (alcuni lo erano già allora) e di svecchiare la colonna sonora mantenendo solo una mezza dozzina di canzoni della versione cinematografica, si sono dimostrate vincenti.
Lo straordinario Reed Luplau nei panni del pagliaccio Pierre è un piccolo omaggio al Moulin Rouge di Luhrmann; ma la scelta di trasformarlo anche nell’amante di Zidler è un modo per una rappresentazione del personaggio di Burstein più padre che protettore innamorato nei confronti di Satine. Anche Nini (un’ineguagliabile Robyn Hurder), che nella versione originale è colei che tradirà Satine per gelosia, qui diventa una sorella leale e preoccupata per i futuro di tutta la famiglia del Moulin Rouge. Il Duca di Monroth (Tam Mutu) è più scaltro, perfido, intelligente e…sexy del suo predecessore e introduce se stesso interpretando niente poco di meno che Sympathy for the Devil dei Rolling Stones. Il perché, invece, Christian diventi originario di Lima, Ohio invece che londinese, ci vede particolarmente dubbiosi…
Come nella versione cinematografica, Moulin Rouge! Il Musical è uno spettacolo tragi-comico che cattura, diverte e ammalia. Se Zidler crede di poter togliere Satine dalla testa di Christian con una bottiglia di Assenzio, al pubblico, non sarà sufficiente la fata verde per dimenticare quest’opera e questo cast.
La scelta delle 70 musiche e il loro arrangiamento da parte di Justin Levine, unite alla coreografia di Sonya Tayeh da sé valgono il profumato costo del biglietto: da Lady Gaga a Katy Perry passando per i Rolling Stones, Beyoncé, Lorde, Britney Spears, i Beatles, Bisez e Piaf. Impossibile non canticchiare in sottofondo e questo, ogni tanto, rischia di distrarre il pubblico da ciò che realmente accade in scena. Dimenticate il medley nell’elefante così come lo conoscete, qui lo ritroverete con un medley che parte da Phil Collins per arrivare a Bowie passando per Gwen Stefani, The Everly Brothers, Pat Benatar, Tina Turner, Elvis, i Beatles, gli U2, Natalie Imbruglia e i Postal Service. Un dibattito sull’amore che mixa 20 canzoni in meno di 5 minuti.
Il cast principale è, nell’insieme, straordinario. Abbiamo già parlato di Danny Burstein nei panni di Harold Zidler e di Tam Mutu in quelli del Duca di Monroth. Come nella versione cinematografica, Christian è affiancato da Toulouse- Lautrec che, nel musical avrà anche il compito di raccontare a Christian il passato della protagonista (particolare assente nella pellicola che regala ulteriore profondità al musical; sul palco Lautrec è un mix tra il ballerino di colore e il pittore nano della pellicola). Nei panni del pittore bohemien l’eccellente Sahr Ngaujah, a cui viene affidata l’interpretazione di Nature Boy. A chiudere il terzetto degli artisti squattrinati è il ballerino di tango Santiago (che durante le prove dello spettacolo inizierà una relazione proibita con Nini e che a differenza dell’originale è più seduttore che narcolettico) interpretato dal cileno Ricky Rojas. I suoi passi a due con Robyn Hurder riescono a trasmettere tutta la passione e la disperazione raccontata nei testi delle canzoni portando lo spettatore a volgere più volte la propria attenzione dai due protagonisti a questa coppia secondaria. E sono proprio loro a dare il via al numero corale, in cui lo spettacolo raggiunge l’apice della maestosità, che unisce Bad Romance di Lady Gaga a Tainted Love, Toxic e Sweet Dreams (Are Made of This) lasciando Christian, dopo un salto dalle braccia di un gruppo di ballerini ad un altro, in ginocchio con una mano a terra e l’atra protesa verso il cielo per l’intera durata dello scrosciante applauso ( e sembra davvero un tempo interminabile). Lautrec e Santiago incontrano Christian mentre sono alla ricerca di un verso da inserire nel loro musical (che qui non è più Spettacolo Spettacolare ma bensì, udite udite, Bohemian Rhapsody). La decisione di renderlo reale invece che Bollywoodiano come nella versione cinematografica arriva da un’attento studio del periodo d’ambientazione da parte di Alex Timbers: è un’idea di Lautrec e, in quel periodo, la sua era una pittura realistica. Purtroppo i due artisti non riescono a concludere la frase se non con inartistici versi politici… ma questo ragazzo compare suggerendo loro la soluzione perfetta: le colline vivono del suono della musica. Sono passati 11 minuti e, dopo l’introduzione di Zidler del Diamante Splendente, il tempo si ferma e Christian, già al Moulin Rouge, inizia a raccontare la propria storia. Karen Olivo nei panni di Satine è in tutto e per tutto un diamante splendente. Quando è in scena nessuno riesce a reggerne il confronto. La sua voce è decisamente più potente di quella di Nicole Kidman e, ogni tanto, offusca le interpretazioni di Aaron Tveit. La disperazione e la sensazione di sentirsi invisibili che riesce a trasmettere con Fireworks di Katy Perry (che sostituisce One Day I’ll Fly Away, poco consona alla Satine di Timbers, che è più autonoma dell’uccellino rinchiuso nella torre di Luhrmann) non possono essere descritte a parole… è sensazionale. Se Moulin Rouge ha regalato una candidatura all’Oscar a Nicole Kidman, siamo certi che Moulin Rouge! Il Musical regalerà un altro Tony Award a Karen Olivo. Christian fa notare a Lautrec che Satine è fuori dalla sua portata… e anche Karon Olivo lo è. Fuori dal teatro, il cartellone, citando le parole del New York Times recita: “Aaron Tveit in un ruolo che è nato per interpretare” e non possiamo dargli torto. Aaron Tveit è la perfetta incarnazione di Christian… ma ogni tanto sembra dimenticarsene. Per tutto il primo atto viene oscurato da Karen Olivo riuscendo ad imporsi solamente con la magistrale interpretazione di Your Song e nel mix dato da We Are Young e Children of the Revolution. Il secondo atto invece è costruito per onorare lo straordinario artista che è… ma le sue interpretazioni sono deboli e non all’altezza dell’Aaron Tveit che conosciamo. Come What May (in duetto) funziona; ma la voce di Karen Olivo, ancora una volta, è troppo potente e offusca quella di Tveit; avrebbe funzionato decisamente meglio se Tveit avesse avuto l’opportunità di interpretarla da solo come nel primo trailer del musical (o come nei suoi numerosi concerti lo scorso anno). Nonostante una straziante interpretazione de Il Tango di Roxanne (comunque non all’altezza di quella dello scorso anno a Boston), la disperazione che dovrebbe caratterizzare Rolling in the Deep impallidisce al confronto con quella di Jonathan Groff; mentre, colpito da istinto suicida, Crazy è completamente priva di tormento e di sofferenza…così come la recitazione durante la morte di Satine. Forse la pressione di un’opening night a Broadway a 9 anni di distanza dall’ultima volta ha avuto la meglio impedendogli di lasciare fluire l’incredibile talento di cui siamo stati testimoni in passato e, sicuramente, quando torneremo a teatro tra qualche mese, sarà pronto a smentirci; ma alla prima non è l’Aaron Tveit che ci aspettavamo.
Oltre al cast principale, Moulin Rouge! Il Musical può vantare anche un cast di ballerini che hanno fatto innamorare il pubblico preview dopo preview e che sono diventati parte imprescindibile dello spettacolo. Accanto al già citato Reed Luplau nei panni di Pierre, Kyle Brown, Fred Odgaard e Benjamin Rivera sono l’anima dell’intero show.
La standing ovation, durante la pioggia di coriandoli a cuore lanciati dai bastoni da passeggio dei ballerini, è d’obbligo e stasera siamo così abbagliati dalla bellezza, dalla verità, dalla libertà e dall’amore da sentirci capaci di dar fuoco al mondo e di brillare, come questo spettacolare cast, più del sole.
“I giorni sono diventati settimane, le settimane mesi, e poi un giorno come un altro, sono andato alla mia macchina da scrivere, mi sono seduto e ho scritto la nostra storia… una storia che parla di un tempo, che parla di un luogo, di persone, ma soprattutto che parla d’amore, un amore che vivrà per sempre.”
L’album con il cast originale sarà disponibile in autunno; nel frattempo potete trovare su Spotify l’intera playlist delle canzoni utilizzate nel musical sul profilo di Playbill. i biglietti per Moulin Rouge! Il Musical sono attualmente acquistabili per le date fino a Luglio 2020.