L’adattamento di Massimo Popolizio su drammaturgia di Emanuele Trevi del romanzo di Pier Paolo Pasolini, in scena al Teatro Carignano, è uno spettacolo dall’alto livello artistico e dalla regia raffinata che racconta alcune problematiche odierne: la globalizzazione che ha la meglio sulla persona.
Ragazzi di vita è il primo romanzo di Pasolini; pubblicato nel 1955, gli valse un processo per temi immorali e, in questa trasposizione; 300 pagine in 1 ora e 45 minuti, gran parte del merito è da attribuire, oltre ai già citati Popolizio e Trevi, alle scene di Marco Rossi e alla bravura dei 18 attori (13 attori e 5 attrici) più narratore sul palcoscenico.
Siamo a Roma nel secondo dopoguerra. Riccetto, Agnolo, Genesio e gli altri sono un branco di ragazzi delle borgate che passano la vita vivendo di espedienti. Sono il simbolo, non solo di un’età ma anche di un’intera generazione di passaggio.
Suddiviso in una decina di capitoli, con tanto di Glossario finale, così come lo aveva voluto Pasolini; Popolizio regala al pubblico presente un viaggio attraverso Roma e tutta la romanità delle borgate. Un viaggio non narrativo; ma una successione di quadri sulle spalle del narratore che talvolta è interno e talvolta esterno palese; ma mai onnisciente; più, talvolta, grillo parlante. In abiti borghesi, decantando i versi di Giuseppe Gioachino Belli ( Er cane? a mmé cchi mm’ammazzassi er cane è mmejjo che mm’ammazzi mi’ fratello. E tte dico c’un cane com’e cquello nun l’aritrovi a ssono de campane) segue i personaggi diventando, all’occorrenza, servo di scena. Gli attori parlano in terza persona dando importanza alla parola così come nel capitolo I Cani in cui i protagonisti si presentano in scena con due magliette nere con la scritta cane e cagna e una serie di accessori così ben studiati da rendere immediato il riconoscimento della razza canina che rappresentano.
La scenografia di Marco Rossi è nuda ed essenziale: spazio vuoto, palcoscenico spoglio e gioco di luci con carrelli se-movibili a fare da barconi o da tram.
La colonna sonora il cui canto è curato da Francesca della Monica propone le canzoni di Claudio Villa ricantate dai protagonisti sulle musiche originali.
Il cast è straordinario, vero punto di forza dell’intero spettacolo. Oltre al narratore Lino Guanciale, sul palco anche Josafat Vagni (Dove cadono le ombre, Meraviglioso Boccaccio) nei panni di Agnolo, Lorenzo Grilli (Il capitano Maria) in quelli di Riccetto e Alberto Onofrietti (L’uomo che verrà) in quelli di Genesio; comici e drammatici grazie all’utilizzo straordinario della mimica facciale e vocale. Al loro fianco Sonia Barbadoro, Giampiero Cicciò, Roberta Crivelli, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Michele Lisi, Pietro Masotti, Paolo Minnielli, Lorenzo Parrotto, Cristina Pelliccia, Silvia Pernarella, Elena Polic Greco, Francesco Santagada, Stefano Scialanga e Andrea Volpetti.
Vincitore di tre premi alla regia (Ubu, Critica, Le Maschere), Ragazzi di Vita racconta “una vitalità infelice. E la cosa più commovente in quest’opera è proprio la mancanza di felicità”. (Massimo Popolizio)
“A me il coraggio non me manca. E’ la paura che me frega.” (La morte di Genesio)
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